Perché le carezze ci piacciono?
Il senso del tatto ci aiuta a localizzare uno stimolo sulla superficie della pelle, a esplorare oggetti apticamente e a identificare e a manipolare oggetti. Contribuisce anche a una percezione integrata del nostro stesso corpo (vedi Serino e Haggard 2009). Tuttavia l’enfasi della ricerca su queste funzioni del tatto tralascia un aspetto essenziale: il tocco può anche essere piacevole.
Perché essere accarezzati è piacevole?
Un tocco molto lento e delicato può essere decifrato dal sistema nervoso non solo in termini sensoriali ma anche affettivi e piacevoli. Una recente scoperta di un tipo di fibra nervosa periferica a conduzione lenta e priva di mielina supporterebbe questa ipotesi: è stato dimostrato che le fibre afferenti C tattili, (CT) sono sensibili a stimolazioni tattili innocue (Vallbo et al. 1999; Wessberg et al. 2003; Nordin 1990). La lenta conduzione delle fibre afferenti CT (circa 1m/s) le rende non adatte per la discriminazione sensoriale, tuttavia, sono adatte a decodificare selettivamente le informazioni riguardanti il tocco affettivo.
Le fibre CT rispondono a una leggera stimolazione meccanica tattile della pelle ricoperta di peli, non glabra (come il palmo della mano) negli umani (Johansson and Vallbo 1979; Vallbo et al. 1999). Le fibre CT sono numerose sul viso, sulle braccia (Nordin 1990; Loken et al. 2009) e sulle gambe.
È importante notare che le carezze non sono sempre gradite o nemmeno piacevoli; il tocco ha una relazione intricata con la cultura, il contesto e il genere (e.g., Dibiase and Gunnoe 2004), e, in base a questi fattori, il piacere si trasforma spesso in avversione e disgusto.
Il piacere del tocco nutre la relazione e l’attaccamento
Le sensazioni piacevoli sembrano essere il collante che lega gli individui, esseri inevitabilmente e fisicamente separati, tra loro. Questo legame è stato definito attaccamento e studiato da Bowlby (1969) che lo definì come un legame affettivo nei confronti di una specifica persona. Bowlby notò che appena il bambino era in grado di esplorare l’ambiente, metteva in atto comportamenti che indicavano il formarsi di legami affettivi, tra cui il muoversi verso e lo stare vicino al genitore o al principale caregiver. I bambini, soprattutto quelli sofferenti, protestavano quando venivano separati dal caregiver, si aggrappavano all’adulto e lo consideravano come una “base sicura” per esplorare il mondo. I legami selettivi di attaccamento non sono validi solo per i bambini. L’attaccamento fa riferimento a un tipo di relazione che riduce l’ansia, fornisce un supporto emotivo ed è presente durante tutte le tappe della vita, inclusa la vecchiaia (Rutter, & Rutter, 1993; Shaver, e Mikulincer, 2004).
Dal grooming delle scimmie alla cura attraverso le carezze
L’attaccamento sembra essere mediato e determinato da neurotrasmettitori come l’ossitocina che, oltre al suo ruolo nei comportamenti materni, è anche un importante mediatore di grooming (Drago et al. 1986). Il grooming è il comportamento di pulizia studiato tra i primati, che però non ha la sola funzione di igiene. Benché abbia principalmente questa funzione, il tempo che molte specie di primati dedicano a questa attività è maggiore rispetto a quello richiesto per tenere pelo e pelle puliti. Infatti, alcune specie (come i babbuini Gelada) possono passare fino al 17% del loro tempo a pulirsi a fronte dell’1% probabilmente sufficiente per lo scopo strettamente igienico (Lehmann et al. 2007; Dunbar 2010). Il pulirsi a vicenda ha dunque anche la funzione di costruire e rinforzare alleanze (Dunbar 2010). Il ruolo dell’ossitocina è stato confermato dall’aumento della frequenza del comportamento di grooming che si verifica quando viene somministrata ossitocina nel liquido cerebrospinale di topi geneticamente modificati che non la producono (Amico et al. 2004). Anche le endorfine possono giocare un ruolo importante nel grooming . Sia nelle scimmie talapoin (Keverne et al. 1989) che nei macachi rhesus (Martel et al. 1995) in caso di maggiori sollecitazioni dovute al grooming , i recettori degli oppioidi risultano bloccarsi. Anche la dopamina potrebbe essere importante nei comportamenti affiliativi e nella costruzione di legami (Depue and Morrone-Strupinsky 2005).
A differenza degli studi sul grooming nei primati non umani, sono rare le ricerche sul grooming reciproco degli umani. È possibile che negli umani sia un comportamento più ristretto (per esempio nell’intimità o nelle relazioni genitore-figlio, o in rituali professionali), o che il suo ruolo sociale sia stato largamente sostituito dal linguaggio (Dunbar 2010).